Manifattura driver della crescita

STUDI CONFARTIGIANATO
Nel 2016 +1,1% valore aggiunto vs. 0,6% Servizi, +1,9% produzione meglio che in Germania (+1,3%) e +4,1 produttività in quattro anni, con 2 milioni di addetti nelle piccole imprese manifatturiere

L’esame congiunto dei conti nazionali pubblicati ieri dall’Istat e degli indici della produzione consentono di tratteggiare un quadro d’insieme del ritmo dell’economia italiana e dell’attività delle imprese. Nel 2016 il PIL – a prezzi costanti – cresce dello 0,9% con la spesa delle famiglie in salita dell’1,3% e gli investimenti fissi lordi che presentano una crescita del 2,9%.
In chiave settoriale si osserva – per il secondo anno consecutivo – la migliore performance del valore aggiunto nella Manifattura, in salita dell’1,1% meglio dei Servizi in salita dello 0,6% e delle Costruzioni che si stabilizza (-0,1%) dopo una lunga e profonda crisi e nonostante il mancato traino della domanda pubblica.
Grazie al maggior ritmo di crescita del settore nell’ultimo quadriennio, cresce la produttività delle imprese manifatturiere. Tra il 2012 e il 2016 il valore aggiunto per unità di lavoro nel Manifatturiero è salito del 4,3% a fronte di una stagnazione (-0,1%) della produttività del totale delle attività economiche: nel periodo in esame la produttività manifatturiere cresce al ritmo dell’1,1% all’anno.
Nel 2016 le imprese manifatturiere italiane hanno fatto meglio di quelle tedesche: l’indice della produzione – corretto per gli effetti di calendario – del Manifatturiero in Italia è salito dell’1,9% rispetto al 2015, sovraperformando il +1,5% dell’Eurozona e la manifattura in Italia fa meglio tra i quattro maggiori paesi UE, superando quella Germania e Regno Unito (+1,3%) e Francia (+0,4%).
La competitività e il dinamismo delle imprese manifatturiere italiane hanno spinto le vendite del made in Italy: nel 2016 l’export si colloca sui massimi storici pari al 30% del PIL contribuendo ad un avanzo record del saldo del commercio con l’estero.
La forza della manifattura italiana è resa possibile dal mix di valore artigiano, idee, innovazione e tecnologia generato nelle 386.876 piccole imprese attive che rappresentano il 54,3% degli addetti del settore e il 12,3% dell’occupazione di tutte le imprese italiane. Nel manifatturiero è alta la vocazione artigiana. Nel settore sono attive 261.878 imprese artigiane che danno lavoro a 945.337 addetti: nel manifatturiero 1 addetto delle piccole imprese su 2 (47,6%) lavora nell’artigianato.
Sul territorio la quota più elevata di occupati in piccole imprese manifatturiere sull’occupazione totale del territorio si registra nelle Marche con una quota del 21,5%, seguite dalla Toscana con il 17,6%, dal Veneto con il 17,1%, dall’Umbria con il 14,4%, dall’Emilia-Romagna con il 14,0%, dal Friuli-Venezia Giulia con il 13,3% e dall’Abruzzo con il 12,8%, prima regione del Mezzogiorno.
In dieci province le piccole imprese manifatturiere rappresentano oltre un quinto dell’occupazione totale: Fermo (37,0%), Prato (36,6%), Arezzo (24,0%), Macerata (23,3%), Vicenza (22,9%), Lecco (22,4%), Barletta–Andria-Trani (21,6%), Pesaro e Urbino (21,5%), Treviso (21,1%) e Pistoia (20,5%).
Mentre sulla piccola impresa manifatturiera si centrano i processi di crescita e di creazione di lavoro in Italia – primo paese dell’Unione per occupati nel settore manifatturiero in piccole imprese – una recente analisi dei dati Mediobanca ha evidenziato come l’allungamento delle filiere produttive ha ridotto l’attività in Italia delle grandi imprese: i maggiori gruppi manifatturieri italiani con organizzazione multinazionale realizzano il 68% dalle vendite “estero su estero”, quota salita di 7 punti in 4 anni.

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