Appalti, più controlli sui Durc da parte dei Comuni

In vari Comuni al posto del Durc per avviare un cantiere o in fase di pagamento di appalti in corso, si accettano dichiarazioni delle imprese, che non hanno alcun valore certificativo. E’ quanto segnala la Commissione nazionale paritetica per le casse edili CNCE in una lettera inviata al presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani ANCI per sensibilizzare i Comuni al rispetto della normativa sul DURC che può essere richiesto semplicemente online.

E’ bene ricordare che il Documento unico di regolarità contributiva è obbligatorio sia per i lavori pubblici che per quelli privati attestando la regolarità dell’impresa nei pagamenti e negli adempimenti previdenziali, assistenziali e assicurativi nonché in tutti gli altri obblighi previsti dalla normativa vigente nei confronti di INPS, INAIL e Casse Edili. La regolarità contributiva viene richiesta nelle fasi di partecipazione; di aggiudicazione dell’appalto; di stipula del contratto; di pagamento degli stati di avanzamento lavori e delle fatture; di collaudo e il pagamento del saldo finale.

La nuova normativa sul Durc ha previsto all’art. 4, del decreto legge 20 marzo 2014, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 16 maggio 2014, n. 78, che “la verifica della regolarità contributiva nei confronti dell’Inps, dell’Inail e delle Casse Edili, avviene con modalità esclusivamente telematiche ed in tempo reale indicando esclusivamente il codice fiscale del soggetto da verificare.”

Nonostante il puntuale e inconfutabile dettato normativo, la CNCE segnala di aver riscontrato che “gli uffici competenti di diversi Comuni italiani non solo non richiedono il Durc per avviare un cantiere o in fase di pagamento, richiesta obbligatoria sia per i lavori pubblici sia per quelli privati, ma accettano direttamente dalle imprese interessate o dai propri consulenti il promemoria cartaceo rilasciato dai portali Inps e Inail che non ha alcun valore documentale né può attestare la regolarità contributiva della stessa impresa”. Una procedura, quindi, che è di per sé da considerare assolutamente contra legem.

Nei casi di verifiche di documenti non coincidenti con le risultanze della banca dati nazionale, aggiunge la Cnce, pur denunciando alle competenti autorità giudiziali i comportamenti delle imprese, non sono stati ottenuti i risultati sperati. I giudici, infatti, ritengono che la fattispecie prospettata non integra il delitto di falsità materiale “in quanto trattasi di un provvedimento amministrativo inesistente perché non proveniente dalla pubblica amministrazione secondo le modalità prescritte dalla legge e quindi da considerarsi privo dei requisiti di forma e sostanza”.

Viene, inoltre, riportato che “alcuni uffici omettono di controllare, anche per i DURC richiesti telematicamente, la presenza, nel documento, della verifica da parte della Cassa Edile nei casi di appalti pubblici riguardanti lavorazioni tipicamente edili”. Tale situazione, osserva la Cnce, può “alterare le condizioni di partecipazione e aggiudicazione dei lavori, sia pubblici che privati, a danno, oltre che del sistema edile, anche della P.A. e in particolar modo di quella che attua correttamente le disposizioni normative in materia”.

CNCE auspica quindi un intervento del presidente dell’Anci “teso a promuovere una puntuale attività informativa e formativa del personale degli enti locali sulla corretta applicazione della normativa del DURC”.