Lo sconto in fattura per ecobonus è distorsivo della concorrenza: per un’impresa tipo specializzata è a rischio il 58% dei lavori

Il no deciso di Confartigianato allo sconto Sulle Fatture per Gli Interventi Informazioni relative all’ecobonus e al sismabonus, Previsto dal Decreto Crescita, si basa sulla Consapevolezza della Profonda distorsione della Concorrenza introdotta Dalla Norma –  c ome evidenziato dall’Antitrust – un Danno di Mezzo Milione di micro e piccole imprese operanti nel settore delle costruzioni, con 1,2 milioni di addetti, l’89% dell’occupazione del settore. In settimana Confartigianato ha ribadito la posizione in una comunicazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Il Mercato sostenuto dall’ecobonus ammonta a 3.331 Milioni di euro di Investimenti, vale il 6,6% degli Interventi di Manutenzione straordinaria Sugli Edifici residenziale ed e Distribuito su 334,846 Interventi. La Distribuzione per tipologia di Lavori rileva il 37,1% degli Investimenti sostenuti da ecobonus si riferisce ai di serramenti, il 16,9% alle caldaie a condensazione, il 15,9% una Pareti verticali, il 14,5% un ORIZZONTALI Pareti, il 6,7% a pompe di calore, il 3,8% a schermature solari, l’1,1% al solare termico e lo 0,5% a  Building automation .

Il rapporto semestrale sul settore delle costruzioni, presentato sabato 13 luglio all’Assemblea di Anaepa Confartigianato Edilizia, riporta gli effetti del provvedimento su di una impresa tipo  di cinque addetti nel settore delle costruzioni, comparto composto da edilizia, installazioni di impianti, posa in opera di infissi ed altri lavori richiesti, profilo che rientra nella classe di addetti più numerosa del settore, nella quale si colloca il 42,5% degli addetti del comparto.

Nell’ipotesi in cui gli interventi per efficienza energetica pesano per il 50% del fatturato aziendale  si evidenzia che la norma, dal quarto anno, mette fuori mercato la nostra impresa tipo. Nei primi tre anni lo sconto praticato ai clienti rimane inferiore alle somme versate all’Erario – tasse su reddito, ritenute dei dipendenti, contributi, Irap e Iva – consentendone il completo recupero da parte dell’impresa, ma dal quarto anno si avvera più l’impresa è costretta, per quell’anno, un rinunciare alla gran parte degli interventi incentivati; e nel mese è la rinuncia per incapienza è totale. Nell’arco dell’intero quinquennio è del 37% la riduzione del fatturato previsto dalle detrazioni fiscali per riqualificazione energetica.

Se l’impresa è pesante negli affari per efficienza energetica, con un peso del 75% del fatturato dell’impresa, la situazione peggiora. Lo sconto, infatti, può essere registrato in incapacità di versamenti all’Erario per la quasi totalità dei lavori e nell’ultimo biennio sarà necessario rinunciare alla totalità dei lavori incentivati; nell’arco del quinquennio l’impresa perderà oltre la metà (58%) degli interventi beneficiati da incentivi.

Le condizioni peggiorano ulteriormente nel caso in cui l’impresa non riesca un compensare i proventi sul mercato sostenuto dall’ecobonus su altri mercati di mercato, nuove costruzioni, ecc., In quanto la riduzione dei ricavi diminuisce gli oneri fiscali utilizzabili per la compensazione.

Lo spazio di mercato si potrebbe spalancare anche a settori diversi da quello dalle costruzioni, come quello delle utility, caratterizzato da una maggiore presenza di grandi imprese pubbliche. Nei settori di energia e utilità le medie e grandi imprese una partecipazione pubblica concentrano il 51,1% dell’occupazione del comparto. In questa prospettiva si concretizza il paradosso di norme nominalmente orientate alla “crescita” che, invece di sostenere le piccole imprese private delle imprese – che a seguito della crisi del settore hanno perso 238 mila occupati in cinque anni pari al 17,0% in meno – rischiano di generare ulteriori spazi di rendita di posizione a grandi imprese pubbliche.

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